(Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione. (Il Perozzi – “Amici Miei”)
Una pagina di automobilismo non eroica, ma divertente….
Paolo Conte direbbe “Era un mondi adulto, si sbagliava di professionisti”, anche quando c’erano dei “geniali dilettanti in selvaggia parata”, come direbbe Giovanni Lindo Ferretti. Dietro un evento storico anche piccole storie di passione.
Anni ’60: Il “mondiale marche” era al culmine della popolarità e rubava la scena alla Formula 1. Era il periodo della storica sfida tra Ferrari e la Ford: il colosso americano aveva cercato qualche anno prima di comprare la piccola casa modenese. E quando si dice piccola, lo si intende anche rispetto alle dimensioni attuali della casa di Maranello, dove Enzo Ferrari , conosceva per nome tutte le poche decine di dipendenti. La Ford invece era già quella di oggi con centinaia di migliaia di dipendenti.
Ufficialmente, l’accordo era saltato in aria avendo Ferrari rifiutato una clausola che gli imponeva di chiedere a Detroit il permesso per qualunque spesa superiore ad una certa cifra assai modesta. In realtà era saltata perché la Ferrari stava entrando gradualmente nell’orbita FIAT.
Si potrebbe parlare delle ore, ma la sintesi è che nel 1964 la Ford era scesa in campo per battere sul suo terreno la Ferrari: nel “mondiale marche” e nella mitica “24 ore di Le Mans“. Ma aveva preso una sonora batosta ; era risultata lenta e non competitiva.
Il Mondiale “marche” all’epoca era più importante del campionato di Formula 1 dove sino al 1980 la sfida era ridotta a piccoli costruttori di auto sportive come Ferrari e Lotus e i “garagisti” che in ambienti di poche centinaia di metri quadri assemblavano vetture con motori e cambi costruiti artigianalmente da aziende specializzate.
Nel “Marche” i grandi costruttori nelle varie epoche si sfidarono sia con vetture “Gran turismo” come la “Ferrari GTO” o la “Ford-Shelby Cobra” sia con veri prototipi come la “Ford GT40” e la “Ferrari 330P3”
A farla breve nel 1965 la Ferrari aveva conquistato la sua ultima vittoria a Le Mans: una vittoria di Pirro per le Ferrari, ottenuta grazie ad un team semiufficiale, il NART del milanese (naturalizzato americano) Lugi Chinetti e con una vettura, la 250 LM, che non era neppure un vero prototipo ma una “Gran Turismo” un po’ più elaborata e schierata come prototipo, per questioni regolamentari. Storia che meriterà un’altra pagina….
Nel 1966 la Ford aveva finalmente trionfato in un epilogo altrettanto epico e clamoroso, La rivincita arrivò nel 1967. E qui è la nostra storia. Di geni ce ne sono due.
Alla “24 ore di Daytona“, gara che si svolgeva (e si svolge tuttora) sotto il sole delle Florida a gennaio ed apriva la stagione delle gare americane e del “mondiale marche”. All’epoca le trasferte non erano semplici come oggi: i trasporti avvenivano, via nave, quindi con partenze molto anticipate. Non c’erano gli strumenti informatici e telefonici di oggi. Non c’erano i CAD, i FAX e l’e-mail…. Per una telefonata intercontinentale dovevi prenotare magari giorni prima l’operatore che ti connettesse….
La Ferrari inviò due vetture 330P4 ufficiali, affiancate da quelle più anziane di due team semiufficiali, per “battere gli americani” in casa loro. E ci riusciranno bene, con una clamorosa tripletta: tre Ferrari ai primi tre posti, tutte immortalate all’arrivo in una celebre fotografia, pensata ad arte dal primo genio : il direttore sportivo Franco Lini (che essendo anche un celebre giornalista sapeva come sfruttare una notizia a fini pubblicitari).
Le vetture arrivarono tutte insieme in parata, come in un simbolico arrivo in volata (in realtà la seconda e la terza erano staccate dalla prima e tra loro di alcuni giri). Una foto che fece il giro del mondo e che fu per la Ferrari una campagna pubblicitaria a costo zero, più efficace di una spesa di milioni di dollari.
Ma quella parata fu possibile anche per un episodio assai divertente, svelato da Mauro Forghieri. Il venerdì pomeriggio, Mike Parkes (pilota ed ingegnere inglese) ebbe un lieve incidente e danneggiò la carrozzeria della vettura.
A meno di 18 ore alla partenza della gara e il grosso cofano posteriore era da buttare via. Un elemento grosso, ingombrante: non ce nera uno di ricambio: non era stato portato un ricambio, o l’unico portato era giù stato utilizzato.
Bisognava farne subito uno partendo da un foglio di lamiera d’alluminio, recuperato sul posto. D’altronde non erano elementi di stampo, ma fatti a mano da esperti “battilastra”. Un’opera che richiedeva una notte in piedi. Tra i meccanici della Ferrari, c’era anche il “carrozziere”, ma ne serviva un altro. Forghieri chiese aiuto a Luigi Chinetti : aveva notato che nelle file del piccolo team “satellite” c’era un carrozziere abbastanza bravo. Con l’approvazione di Chinetti, Forghieri e il “carrozziere” americano si accordarono: una notte di lavoro per 150 dollari.
E così il carrozziere modenese e quello americano, che non parlavano l’uno la lingua dell’altro, ma la stessa lingua della passione per il loro lavoro, realizzarono a tempo di record il pezzo che serviva, senza disegni, ma modellando in pratica ed usando la vettura come “dima”. Parkes e Scarfiotti poterono presentarsi al via della gara con la vernice ancora fresca su quella carrozzeria fatta da zero….
E qui viene il bello …. Terminata la lunga gara la domenica pomeriggio, si procedette ad impacchettare tutto per rispedire le vetture a casa. Il lunedì, arrivati all’aeroporto, videro arrivare anche il carrozziere americano….con un grande capello (oggi diremmo stile “Giei Ar”) e diretto verso un aereo privato…. Scoprirono così che in realtà era proprio un ricco petroliere Texano, che viveva la su passione per le corse, non solo correndo in gare minori, ma aiutando il team al box…. e confidò che per lui quei 150 dollari erano un souvenir un ricordo di quella “avventura”, che sarebbe finito incorniciato insieme alla celebre fotografia….