Storia di un paesino (3)

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Le opposizioni almeno, quella “determinata”, non quella “a carattere famigliare” se ne stettero fuori dal gioco, o meglio fecero opposizione sia alla biondina, ai suoi atteggiamenti paternalistici, al suo assistenzialismo, sia agli interessi di Giuan.

Così la biondina resistette cinque anni, poi sbattè fuori tutti gli amici di Giuan dalla lista e forte del potere accumulato nelle associazioni (alla fine ben tre presidenti o ex-presidenti di associazioni erano con lei candidati e almeno altri tre o quattro ufficialmente schierati) si preparò alla battaglia finale.

L’opposizione a carattere famigliare nel frattempo si rovinò da sola ed andò incontro a risultati elettorali disastrosi.

L’altra, quella che per 15 anni aveva lavorato magari male ma con determinazione ed onestà, sorprendentemente si fece da parte all’ultimo minuto. Tirando un brutto scherzo a “Giuan”. Forse avevano di meglio da fare, forse avevano perso la voglia.

Giuan era forse convinto che questa opposizione, presentandosi avrebbe tolto voti alla biondina, ma soprattutto non aveva capito di appartenere al passato politico del Paese e si ripresentò con i pochi amici rimasti. D’altronde cosa poteva sperare. Se ne era stato cinque anni assente dalla vita sociale del paese.

E rimase con un palmo di naso. Prima si trovò porte in faccia da chi sperava si candidasse con lui….poi fu addirittura contestato in campagna elettorale da vecchi “sostenitori”

Così la biondina vinse, anzi stravinse le elezioni, e Giuan, si prese una stangata colossale.

Arriviamo così ai giorni nostri. Ora l’architetto e la biondina dominano (ma facciano attenzione agli amici) . Toni non è più invitato ai matrimoni e di quel potere è rimasta una pallida traccia.

La situazione non è affatto così bella come sembri.

Giuan fa una opposizione ridicola.

La vitalità degli anni passati, sembra passata. L’architetto e la biondina hanno il controllo delle associazioni, la situazione sociale del paese si è però atrofizzata. Al di là dei soli pranzi e cene, feste danzanti e sagre, che hanno trasformato il paese in una filiale di telecupole, è rimasto poco. Nessuno osa esprimere pareri diversi, non per paura, ma per conformismo.

Il dissenso non è ammesso. Apparentemente è accettato, in realtà, mano a mano vieni isolato e messo in un angolo. Costretto a sgomitare per avere spazio.

L’urbanistica del paese è ferma: non si riesce a spostare un paracarro per la mania di conservatorismo dell’architetto, conservatorismo che scompare quando si devono però progettare brutti palazzi pubblici rivestiti in viola. Come era scomparso, quando si doveva riempire il centro storico di opere d’arte che stridono come un dito in un occhio. Vecchi palazzi restano in piedi per i vincoli posti. Altro segno di decadenza.

Anche l’edilizia sta per entrare in crisi profonda.

I giovani ormai se ne fregano. Delusi dalle promesse mancate della biondina, delusi dai blocchi e dagli ostacoli posti con i più disparati pretesti, se ne vanno, non si impegnano.

Anche l’oratorio langue senza gente che si impegna e addirittura ora si vocifera che sarà dato in gestione a cooperative (naturalmente con il beneplacito delle solite note).

Che tristezza….

(3)… continua …

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